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BALISTICA LESIONALE, 9mm vs .45ACP

E' più efficace un proiettile calibro 9 o .45?

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Questa domanda ha occupato i pomeriggi al poligono di generazioni intere, ha affollato i blog di internet e prima ancora le rubriche dei mensili specializzati. L’hanno affrontata i militari di molte nazioni, l’FBI, sedicenti esperti e anche esperti veri. Da semplice domanda si è trasformata a volte in una “questione di principio”, e dopo molti decenni, c’è ancora chi questa domanda continua a farla. E soprattutto c’è chi ancora prova a rispondere.

Anche se in verità una risposta non la si dovrebbe nemmeno dare, e vedremo più avanti il perché. Ma per ora, contraddicendo quello che abbiamo appena scritto, diamola noi una risposta.

È più efficace un proiettile calibro 9 o un 45 ACP? Dipende.

 

Per provare a rispondere a questa domanda dobbiamo segmentarla in due parti:


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Quali differenze ci sono tra un proiettile calibro 9 e uno in calibro 45?

Le possiamo riassumere in un breve elenco:

A. Dimensioni. Il proiettile 9x19 (o 9 Parabellum o 9 Pb o 9 Luger, tutti sinonimi a norma CIP) ha un diametro di circa 9,03 mm, mentre il proiettile 45 ACP ha un diametro di circa 11,48 mm, quindi circa il 27% in più.

B. Massa. La differenza dimensionale, unita alla “lunghezza” del proiettile, fa sì che la massa dei due calibri sia diversa. Un proiettile 9 mm ha tipicamente una massa di 6-10 grammi (da 100 a 160 grani circa), mentre un proiettile calibro 45 ACP ha tipicamente una massa di 11-15 grammi (da 180 a 230 grani circa), quindi fino a più del doppio.

C. Velocità. Diverse forme e dimensioni del bossolo, differenti polveri e caricamenti, nonché le masse delle pallottole da lanciare, fanno sì che le velocità alla bocca dei proiettili calibro 9 si attesti attorno ai 290-430 m/s, mentre quelle dei proiettili calibro 45 attorno ai 250-330 m/s, e perciò significativamente più bassa.

Sembrerebbe quindi che un proiettile calibro 9 abbia massa inferiore e velocità superiore al 45 ACP, ma non sempre è così e questo ci porta direttamente al secondo punto della questione:


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Cosa significa affermare che “un proiettile è efficace”?

E qui si apre un mondo, perché da più di 150 anni commissioni, esperti, periti balistici, medici e fisici si arrovellano riguardo a questo problema, e una lunga sfilza di teorie sono state proposte. Spoiler: tutte sbagliate.

Ecco una breve disamina delle quantità che sono state ritenute importanti nel corso del tempo:

i. Calibro (e quindi diametro del proiettile).

ii. Massa del proiettile.

iii. Velocità del proiettile.

iv. Quantità di moto (o momento lineare) del proiettile, ottenuto moltiplicando la massa per la velocità.

v. Energia cinetica del proiettile, ottenuta moltiplicando ½ per la massa per la velocità al quadrato.

Queste sono le principali quantità fisiche coinvolte nella dinamica terminale di un proiettile e le varie teorie elaborate nel tempo, che talvolta hanno preso nomi suadenti come “stopping power” o “killing power”, hanno privilegiato una o più di queste, anche combinate fra loro in modo fantasioso.

Purtroppo sono tutte sbagliate, nel senso scientifico del termine, cioè non quagliano coi dati sperimentali, con ciò che accade davvero nel mondo, e questa verifica, quando si tratta di scienza, è l’unica che conta davvero.

Perciò dobbiamo fare un passo indietro e chiederci se esiste una “teoria sull’efficacia dei proiettili” che sia scientificamente seria, e la risposta fortunatamente è sì. Si tratta della balistica lesionale, che applica le leggi della fisica (le quali sono precise ma non semplici da utilizzare in concreto) a un sistema biologico umano o animale (il quale è caratterizzato da una notevolissima complessità strutturale e anche dinamica). Si tratta perciò di combinare le conoscenze della fisica a quelle della medicina, della biologia e nel caso della veterinaria per tener conto che la struttura di un cranio è molto diversa da quella di un polmone; che la muscolatura di un’anziana signora possiede caratteristiche differenti da quella di un cinghiale adulto; e che un proiettile che attinga una gamba può avere esiti più infausti di un colpo al petto o perfino al cervello. A complicare ulteriormente la faccenda interviene la circostanza sperimentale per cui gli effetti su bersagli ossei, sui tessuti molli quali organi o muscoli, sulle strutture chiuse come il cranio oppure su quelle elastiche come la pelle, dipendono fortemente dal tipo di proiettile utilizzato.

Il quadro di riferimento, che si nutre di formule derivate dalla fisica, sperimentazione su opportuni simulanti (tipicamente gelatina balistica e/o sapone balistico), nonché riscontri su casi concreti in sede di chirurgia o dissezione autoptica, è quindi il seguente:

1. dove il proiettile impatta è l’elemento in assoluto più importante per valutarne i suoi effetti lesionali.

2. La distruzione dei tessuti (che avviene secondo varie modalità) richiede energia, e questa energia proviene dall’unica fonte disponibile: il movimento del proiettile. Quindi un candidato ideale per valutare gli effetti dell’impatto di un proiettile sarebbe l’energia cinetica; ma se studiamo meglio la questione scopriamo che non importa tanto l’energia cinetica che il proiettile possiede all’inizio dell’impatto, quanto quella che il proiettile è in grado di cedere ai tessuti.

3. Stabilito quindi che è la cessione di energia a essere il fulcro della questione, dopo accurati calcoli si scopre che il parametro più importante di un proiettile è la densità di energia cinetica, cioè l’energia cinetica diviso l’area frontale del proiettile stesso (A). Una quantità poco intuitiva, “difficile” da calcolare, ma essenziale per modellizzare gli eventi di balistica lesionale.

4. Se ora andiamo a misurare materialmente la densità di energia cinetica del proiettile nel corso dell’impatto scopriamo che tale quantità può cambiare. Tale variazione può avvenire in molti modi, ad esempio perché il proiettile si affunga (effetto espansivo), o si frammenta, oppure perché si intraversa (tumbling) come accade a molte pallottole da carabina. Se durante l’impatto cambia la densità di energia cinetica, allora cambia anche l’energia cinetica ceduta ai tessuti, e cambiano pertanto anche gli effetti lesionali. Il cambiamento di densità di energia cinetica è causato da qualcosa che avevamo fin ora (a torto) tralasciato: la struttura del proiettile, intesa come la sua forma geometrica nonché i materiale di cui è composto.

 

Avevamo iniziato con una domanda secca, e per rispondere avevamo studiato le principali differenze tra un proiettile calibro 9 millimetri e uno calibro 45. Erano, lo ricordiamo: il diametro (calibro), la massa e la velocità. Ora sappiamo che queste tre quantità devono essere combinate in una sola, che rappresenta il primo vero elemento di valutazione sulle capacità lesive di un proiettile:

A. la densità di energia cinetica (1/2 per massa per velocità al quadrato, il tutto diviso l’area frontale del proiettile, che dipende dal calibro e varia nel tempo).

B. La struttura del proiettile, che era stata ignorata, è ora divenuta fondamentale. La densità di energia cinetica (e la sua evoluzione nel tempo) di un proiettile blindato (FM) in 9 Luger sarà molto diversa rispetto a quella di un proiettile Hollow Point (espansivo) in 45 ACP, e viceversa. E ciò produrrà effetti lesivi diversi.

C. Infine, tutti questi ragionamenti si scontrano con l’innata complessità della materia vivente la quale reagisce in maniera diversa, dal punto di vista innanzitutto cardiocircolatorio, neurologico, traumatico e infiammatorio, sia al variare dei soggetti colpiti, che delle zone attinte. E questo al variare anche delle caratteristiche fisiche del proiettile utilizzato.

 

Quindi è impossibile stabilire che un calibro sia meglio di un altro in base a parametri semplici come la dimensione, la massa e la velocità; ma dobbiamo invece utilizzare la densità di energia cinetica del proiettile (per valutare quanta energia è in grado di cedere), la sua struttura (per capire come varierà nel tempo questa cessione) e la zona del corpo attinta (per stimare in concreto i danni generati dalla tipologia di proiettile in questione, al di là del calibro utilizzato). Di questo si occupa quella meravigliosa, ma complessa, disciplina che è la balistica lesionale.

Perciò, ad esempio, un proiettile 9 mm con massa molto piccola e velocità elevata riuscirà ad attraversare spessi strati di indumenti, che fermeranno invece un proiettile espansivo calibro 45. Mentre al contrario, un proiettile molto veloce potrebbe attraversare un corpo umano, passando accanto alle zone vitali del tronco, senza però cedere energia in modo significativo e quindi senza provocare danni rilevanti all’organismo. D’altra parte potrebbe capitare (ed è successo in maniera accertata almeno due volte con munizionamento 7,62x39) che un proiettile espansivo diretto al cuore venga fermato da una protesi di “silicone” al seno, lasciando la vittima quasi illesa.

In definitiva quindi l’unica risposta possibile alla nostra domanda iniziale – È più efficace un proiettile calibro 9 o 45? – può essere soltanto una: dipende.

ARTICOLO SCRITTO DA: Michele Frisia

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